In Giappone c’è una leggenda o una tradizione quasi per tutte le cose, alcune hanno radici che si perdono nei secoli passati, altre sono parte della storia più recente; l’avvento della modernità e lo sviluppo della tecnologia hanno certamente influito sulla diffusione di tali racconti, ma non hanno comunque arrestato del tutto il tramandare narrazioni con protagonisti yōkai, fantasmi e personaggi del folklore nipponico in generale.

 

Le origini

La storia di はなこさん, ovvero Hanako-san, non ha una datazione chiarissima, alcuni la fanno risalire agli anni ’50, altri al periodo della Seconda Guerra Mondiale. Quello che è certo, è che il suo nome e gli eventi collegati a lei sono divenuti un fenomeno virale in tutto il Giappone a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, tanto da fornire anche spunti per produzioni cinematografiche e per anime.

Secondo la leggenda, Hanako-san è il nome di un fantasma con le sembianze di una bambina, per lo più descritta con i capelli a caschetto e con indosso una divisa scolastica, composta da una camicia bianca e da una gonna rossa.  Appare all’interno degli edifici scolastici, più precisamente nelle toilette femminili, in genere la sua collocazione prediletta è la terza cabina dei bagni situata al terzo piano delle scuole elementari giapponesi.

Esistono versioni diverse del racconto, in alcune cambia l’abbigliamento dello spettro, in altre si trova nella quarta cabina piuttosto che nella terza; secondo alcune si tratta di una bambina che si è tolta la vita a seguito di abusi familiari o di bullismo, secondo altre è stata vittima di un assassino che si è introdotto nella scuola, o ancora si potrebbe trattare di una studentessa morta nel crollo di un edificio scolastico durante i bombardamenti del periodo della guerra.

Proprio la sua curiosa collocazione nelle toilette, ha dato il nome alla sua storia, トイレのはなこさん, cioè Hanako-san della toilette. Nonostante le varianti, la sostanza rimane pressoché immutata: Hanako-san può produrre rumori e scricchiolii sinistri, ma se ignorata è inoffensiva. Se invece qualcuno prova a cercarla, la situazione cambia.

 

Come ci si rapporta con Hanako-san?

É possibile richiamare la sua attenzione bussando per tre volte alla porta e chiamandone il nome, formulando la domanda “Sei lì, Hanako-san?”, oppure “Hanako-san, giochiamo?”; la leggenda vuole, che se il fantasma è presente, risponderà, e non solo: proverà a trascinare la sua vittima dentro il bagno, per affogarla.

Ma perché qualcuno dovrebbe pensare di attirare su di sé le sue ire, se invece lasciarla perdere evita invece rappresaglie da parte sua? La spiegazione è semplice, le cosiddette “prove di coraggio” sono eventi frequenti nel contesto scolastico giapponese, e quella di contattare Hanako-san è una di queste.

Se si ha la sfortuna di incontrarla comunque, una soluzione per placarla c’è: sembra che mostrarle i buoni risultati di un esame superato possa calmarla. Secondo altre tradizioni, la sua presenza sarebbe in realtà positiva, poiché impedirebbe l’infestazione da parte di altri spiriti più malevoli.

In alcune città c’è una precisa codifica per interagire con lei, ad esempio ad Utsunomiya, nella prefettura di Tochigi, si dice che se ci si reca nel terzo cubicolo delle toilette site al terzo piano della scuola, si chiama il suo nome per tre volte, si finisce la carta igienica e si tira lo sciacquone, Hanako-san appaia. Nella città di Yokohama, sita nella prefettura di Kanagawa, invece, al posto di Hanako-san il fantasma presente si chiama Yōsuke (ma talvolta Tarō o Shirō), e se si invoca il suo nome, si dice appaia una mano insanguinata dal water. Una curiosa rivisitazione è quella diffusa nella prefettura di Yamagata, secondo cui in realtà Hanako-san non sarebbe davvero una bambina, ma una lucertola enorme e dotata di tre teste, che utilizza una voce infantile per fuorviare le sue vittime ed attirarle in trappola.

Non è chiaro se questo racconto abbia un qualche fondamento reale, non c’è documentazione in proposito, ma una possibile spiegazione di come è nata la sua leggenda potrebbe essere legata alle pressioni psicologiche ed ai periodi di forte stress che gli studenti giapponesi subiscono sin da piccoli nel contesto scolastico, un ambiente molto esigente e selettivo, in cui un cattivo rendimento spesso coincide con una discriminazione sociale.